Artisti Ospiti

Archivio di famiglia
Lukas Birk
Alessandra Calò
Karel de Mulder

Erik Kessels

Sergio Smerieri

Maurizio Locatelli

Sara Munari

PetriPaselli

Jean-Marie Donat

Chantal Rens

Mezaluna

Michele Smargiassi

Vernacular Social Club

Joan Fontcuberta

Thomas Sauvin

LE MOSTRE

The moustache

Lukas Birk, fotografo, archivista ed editore austriaco, compie una ricerca multi-disciplinare che sfocia nella creazione di archivi fotografici sparsi in giro per il mondo. I suoi lavori più noti, come Afghan Box Camera Project e Myanmar Photo Archive, esplorano aree spesso segnate dal conflitto, con storie di dolore e poco spazio per la bellezza e la conservazione dei materiali. È attraverso questa narrazione storica che Birk ci presenta The Moustache: una mostra che esplora il valore dei baffi, segno di mascolinità, potere e stato sociale, attraverso diverse culture e periodi storici. Attraverso  questo viaggio intuiamo poi come la narrativa maschile imponesse dogmi estetici anche al mondo femminile. 

Lukas Birk

Tout doit disparaitre

Jean-Marie Donat (FR) è fotografo, collezionista ed editore francese. In oltre trent’anni ha composto un archivio di 40.000 fotografie da tutto il mondo, scelte principalemente per il messaggio culturale e la testimonianza sociale che portano. Ma ciò che Donat ama di più è la profonda umanità che da queste cogliamo. Con Tout doit disparaître, l’artista presenta una serie di “fotografie fantasma” frutto di un processo di impregnazione, una stampa involontaria, causata dalla continua sovrapposizione delle immagini. L’effetto è una reminiscenza dell’immagine di Cristo sulla Sindone. Le anonime immagini della mostra, attraverso il significato sotteso e l’evocazione dei materiali, creano un parallelismo con la sacralità della reliquia cristiana.

Jean-Marie Donat

Incomplete Encyclopedia of Touch

Erik Kessels, artista, designer e curatore olandese, colleziona fotografie che trova nei mercati delle pulci, nei negozi dell’usato e nelle fiere, ricontestualizzandole e pubblicandole con KesselsKramer Publishing. Tra i suoi lavori più celebri e importanti vi sono la rivista Useful photography e In Almost Every Picture. Grande amante delle storie e dei messaggi contenuti nelle fotografie, a GU.PHO. porterà Incomplete Encyclopedia of Touch, realizzata in collaborazione con Karel De Mulder e Thomas Sauvin. La mostra si concentra sul desiderio umano di toccare, la necessità di mettere le mani su qualsiasi cosa. Cosa ci comunica questo gesto? Un bisogno di connessione? Un simbolo di proprietà? O forse vogliamo solo misurarci con gli oggetti che circondano la nostra quotidianità?

Erik Kessels, Karel de Mulder, Thomas Sauvin

YOU RUN AROUND TOWN LIKE A FOOL AND YOU THINK THAT IT’S GROOVY

Chantal Rens, artista e co-fondatrice della casa editrice indipendente Pantofle Books, nasce in Danimarca nel 1981. La sua ispirazione si concretizza nella creazione di collage analogici creati utilizzando fotografie ritrovate. Il suo lavoro può essere descritto come inconsueto, divertente, a tratti inquietante, caratterizzato da un’atmosfera giocosa che sfida l’occhio che la osserva. YOU RUN AROUND TOWN AND YOU THINK THAT IT’S GROOVY è una serie di collage analogici, caratterizzati da  animali che tengono in equilibrio sulla schiena diverse tipologie di bevande alcoliche. Il desiderio di Rens è proteggere le sue opere dalle considerazioni razionali; attraverso la mostra ci comunica di accogliere l’insolito, l’eccentrico, combattendo la banalità del quotidiano.

Chantal Rens

Secret garden

Secret Garden è un paesaggio interiore (o giardino segreto) che si nasconde a prima vista ma che può essere scoperto da chi è capace di guardare oltre l’apparenza. Il progetto parte da una raccolta di antiche lastre negative ritrovate, abbinate a piccoli giardini collocati all’interno di una scatola nera. Ogni lastra raffigura una donna sconosciuta, che recupera un nome ed una storia – liberamente ispirata – grazie dall’immaginazione di scrittrici contemporanee invitate a prendere parte al progetto. Differenti per provenienza, formazione, espressione artistica, queste autrici si distinguono nei campi della letteratura, musica, poesia, impegno politico e sociale, rendendo ogni racconto un diario personale estremamente attuale. Antichi ritratti di donne arrivate a noi senza identità, ci fanno viaggiare su un doppio binario fatto di tempo reale e immaginazione, facendo decadere l’esigenza di una lettura chiara e fedele ancorata all’immagine. Nell’accostarsi all’installazione, lo spettatore è chiamato a compiere un’azione: egli potrà “aprire il cassetto” e sbirciare dentro l’intimità di queste donne, leggerne frammenti di un’esistenza, seguire i fili individuali intrecciati a un percorso collettivo verso una maggiore libertà ed emancipazione. Nell’omonimo libro pubblicato nel 2018 da Danilo Montanari Editore, Erik Kessels descrive il progetto come “un’opera unica, che lascia a tutti la possibilità di immaginare la sua conclusione”. Il progetto Secret Garden nasce nel 2014 ma non è mai stato dichiarato concluso.

Alessandra Calò

Love story ungherese

Locatelli è un amante delle matrici. Lui cerca la fonte dell’immagine stampata: il negativo. E così facendo, tra un mercatino e un’asta, compra, vende, scambia materiali su celluloide e poi li stampa. In questo caso specifico ha trovato un gruzzolo di negativi provenienti da Vezprém (Ungheria) e ci delizia con alcune immagini che raccontano la storia di una coppia, del loro fidanzamento, del loro matrimonio e della creatura nata dalla loro unione. Una storia di amore classica condita con fotografie in bianco e nero, probabilmente scattate da lui ma con l’aiuto di un terzo complice. Immagini nitide realizzate con una macchina di medio formato che restituiscono una stampa ben incisa, con acutanza e che mettono in evidenza il paesaggio tipico dell’Est Europa.

Maurizio Locatelli

1499 Oculo Magico

A Brivio, in Italia, durante gli scavi ancora in corso per la ricostruzione del ponte sull’Adda, è stata ritrovata una cassetta di legno con su scritto “Leonardus Vincius, ut in aestate de MCDXCIX, cum Salai” (Leonardo da vinci, un’estate con Salaino). Durante l’apertura, il piccolo scrigno è andato in frantumi. Tuttavia, i documenti trovati all’interno sono stati salvati. Si presume che alcune di queste pagine siano studi di Leonardo Da Vinci. Altre sembrano essere Pagine del diario di Salaino, allievo e assistente di Leonardo, sono poi stati ritrovati oggetti in legno che potrebbero essere modelli di una camera oscura portatile e immagini (apparentemente fotografiche) che rappresentano uomini, luoghi e paesaggi e lo stesso Leonardo da Vinci. Se i documenti e gli oggetti ritrovati corrispondessero tra loro e se ne accertasse l’effettiva provenienza, la storia della fotografia dovrebbe essere riscritta, così come la scoperta della riproduzione di immagini dal vero. Leonardo avrebbe scoperto un metodo di riproduzione della realtà che risale a secoli prima rispetto alla data del 1827, che tutti conosciamo. Alcuni dettagli della vita privata del più grande genio della storia sono stati svelati, grazie alle parole del diario del discepolo di Leonardo.

Sara Munari

Colorized portraits

Il progetto nasce nel 2022 con il supporto di All’Origine, Imola. Varcando le porte di All’Origine siamo stati immediatamente attratti dalle cataste di materiale cartaceo (fotografie, stampe, dipinti) che viene separato dalla sua cornice durante il processo di catalogazione degli oggetti recuperati per la vendita. Ci siamo quindi concentrati sulle vecchie fotografie in bianco e nero, e in particolare sui ritratti più antichi, quelli che venivano colorati a mano dall’intervento pittorico del fotografo o di un artista. Queste immagini conservano solo poche tracce fotografiche del soggetto originale che in molti casi risulta mascherato o sfregiato dal colore del pennello. Il nostro punto di partenza è stato quello di aggiungere un terzo linguaggio a questi oggetti, quello oggettuale/scultoreo. Per farlo, abbiamo sovrapposto ai ritratti sbiaditi e a tratti inquietanti una selezione di blister di giocattoli, quelli che si trovavano nelle edicole o dai giocattoli negli anni ’80 o addirittura più vecchi.
In questo intervento, strati pittorici e materici di diverse epoche convivono per sedimentazione, una stratificazione di colore che crea nuovo senso e significato alle immagini di partenza.

PetriPaselli

Red Flag

Bandiera rossa nel linguaggio corrente assume due significati: uno iconico che ricorda in modo inconfondibile la bandiera dell’URSS, l’altro è invece un avviso di pericolo, d’allarme. Mai, come in questi giorni, lo stesso idioma, può assumere, a seconda del punto di vista, l’uno o l’altro significato. In questo particolare momento storico, “Red flag” assume quindi una duplice valore: nostalgico per alcuni, di allerta per altri e, le due cose, spesso di sovrappongono e ci costringono ad una riflessione profonda sulla storia e sul presente. Ora, farsi una fotografia davanti a una statua di Churchill o San Pietro racchiude anch’essa una forma di rispetto e ammirazione ma, davanti a Lenin, racchiude tautologicamente l’appartenenza ad un ideale ben chiaro. Quasi tutto il materiale è stato recuperato su piattaforme di scambio in rete. La maggior parte proviene dall’Ucraina o da paesi dell’est . Le immagini sono di persone comuni che si ritraggono innanzi ai monumenti posti nelle piazze delle grandi città o nei parchi; altre invece momenti scolastici nei quali, la propaganda politica, veniva espressa e diffusa: il tutto racchiuso in una improbabile camera ardente.

Sergio Smerieri

Il maresciallo Belfiore

Alfonso. Non è popolare come Montalbano o Rocca o chissà quale altro personaggio televisivo o cinematografico ma, per gli abitanti di Guiglia, il suo ricordo tocca il cuore delle persone che hanno vissuto nel paese negli anni dal 1956 al 1965. Belfiore aveva il phisique du role e il carisma di colui che senza alzare la voce o minacciare nessuno riusciva a far rispettare la legge e tenere il paese nel clima ideale per viverci o passarci le vacanze. Ci ha lasciato lo scorso anno e abbiamo spulciato il suo archivio fotografico trovando alcune immagini che lo ricordano, insieme alla sua cara Gilda, anche nella vita comune: al mare, insieme al figlio Costanzo, con il suo cane Ulla, il brindisi di matrimonio, un suo quadro dipinto, una gita.
Lo vogliamo ricordare così, senza divisa, col suo sorriso gentile.

Archivio di famiglia

Sipario

Cartacea Galleria ha selezionato per GU.PHO Photo Festival Vernacolare una piccola collezione che vuole celebrare una tematica ad oggi poco studiata ed approfondita, sebbene derivante da una pratica tecnica altamente diffusa ovvero le press photo o fotografie per la stampa che una volta ritoccate diventando pezzi unici ri-acquistano quell’aura di opere d’arte, questione che è al centro del celeberrimo saggio di Walter Benjamin “L’origine dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità”. Il lavoro di ritocco delle immagini è stata una diffusa tecnica nella storia della fotografia giornalistica in tutto il mondo del XX secolo. Ma questa tipologia di fotografie non solo sono interessanti esteticamente ma sono altresì sono utili. E lo sono poiché queste immagini dimostrano in modo chiaro la misura in cui il fotoritocco e quindi l’alterazione dello scatto originale ha continuato a svolgere un ruolo fondamentale nella realizzazione di immagini di cronaca per un lunghissimo periodo, durante il quale la fotografia giornalistica si è sviluppata notevolmente su molti fronti, sia tecnicamente che professionalmente. Guardano all’applicazione pratica di questa tecnica possiamo aggiungere che le figure protagoniste di queste fotografie emergono grazie ad una particolare tecnica di scontornatura: l’utilizzo di particolari vernice bianca per delineare il profilo dei soggetti ritratti. I corpi che abitano la scena sembrano quasi sporgere da una tenda di un sipario che si aprono sul palcoscenico e offrirsi come protagonisti indiscussi alla visione di un pubblico. Questo effetto aggiunge un elemento di mistero e fascino alla collezione, che stimola l’osservatore ad una riflessione sul concetto di realtà e artificio, e sull’ambiguo legame tra fotografia e verità.

Cartacea Galleria

I mitici balli anni ’60

Tra le tante mostre che l’archivio Mezaluna ha proposto in questi svariati anni di attività, ci ha colpito il materiale di quella dedicata ai “favolosi anni ‘60”. Il ballo, per definizione, è assunzione di posture e atteggiamenti che, se immortalati, risultano un po’ goffi, inconsueti, improbabili. La fotografia, e in particolare quella vernacolare, affonda le proprie grinfie in questi meandri e rilascia immagini al limite del paradossale, costringendo il visitatore almeno ad un sorriso o per lo meno ad un compiacimento. Vedere ballare, vedersi ballare è molto diverso dal farlo: Giuseppe Simonini, prestigioso autore della maggior parte di questi scatti, con il suo talento, ci rivela e ci costringe a prendere atto della gestualità e della ilarità di quei momenti in cui, come pavoni, danziamo ed esterniamo tutta la nostra voglia di apparire al cospetto degli altri.

Associazione Mezaluna

LE GRANDE BOUFFE

The Vernacular Social Club, porta in vita e dona visibilità ad archivi non documentati di ogni tipo. In occasione del festival GU.PHO., presenta Le grande bouffe, una mostra che esplora il tema dell’eccesso, fulcro della narrativa contemporanea guidata dal consumismo. L’installazione si concentra sulla presentazione del cibo come metafora pungente della bulimia consumista che pervade le nostre vite. Dalle immagini emerge un appetito vorace e quasi violento. Noi spettatori ci troviamo così a riflettere sul comportamento della nostra società quando si parla di cibo, dalla preparazione alla consumazione.

Vernacular Social Club

I TALK

Confine tra fotografia autoriale e vernacolare:
divagazioni a partire dall’archivio dell’autore.

Mauro Zanchi

Mauro Zanchi è critico d’arte, curatore e saggista. Dirige il museo temporaneo BACO (Base Arte Contemporanea Odierna), a Bergamo, dal 2011. Attualmente insegna storia della fotografia e dell’arte nella Libera Accademia di Belle Arti (LABA) a Brescia e nella Scuola Bauer a Milano, semiotica dell’arte nell’Istituto Europeo del Design (IED) a Torino. È coordinatore del corso di Fotografia alla LABA di Brescia. Alcune pubblicazioni recenti:  Le insidie delle immagini (Postmedia books, 2022), Arte e magia (Giunti, 2018), Fotografie ritrovate (Postmedia Books, 2024). Scrive per Art e Dossier, Antinomie, Doppiozero e ATPdiary.

L’archivio del Myanmar

Lucas Birk

La furia delle immagini
Joan Fontcuberta

Fotografo e divulgatore spagnolo, riflette nella sua ricerca sulla creazione delle immagini e sulla cultura che le vorrebbe espressione della verità e prova dell’esistente. Ribellandosi alla credenza secondo cui il messaggio fotografico non necessiti di essere interpretato in quanto, per natura, “evidente”, Fontcuberta mette in dubbio l’idea di fotografia come specchio della realtà ed espressione della verità e il ruolo stesso del fotografo, che, crudelmente, dell’anima di ciò che ritrae restituisce solo la forma esteriore. Mai come quest’anno è opportuna la sua presenza.

99objects: l’eterno splendore delle cose inutili

PetriPaselli

Incomplete Encyclopedia of Touch

Erik Kessels